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" le Ferrate vie" della letteratura italiana https://forum-duegieditrice.com/viewtopic.php?f=29&t=102088 |
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Autore: | crosshead [ mercoledì 20 novembre 2019, 10:09 ] |
Oggetto del messaggio: | " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Il treno, la ferrovia, le stazioni, sono temi che compaiono nella letteratura italiana da quando le locomotive cominciarono a correre sui binari. Nell'Ottocento, il rumore del treno invade le campagne ed occupa spazi urbani. La prima ferrovia italiana è la Napoli-Portici, inaugurata nel 1839, la seconda linea per trasporto passeggeri realizzata in Europa continentale solo un anno dopo la Parigi-Saint Germain (1838), la prima europea in assoluto è però la Stockton-Darlington (1825), Giacomo Leopardi fu il primo nel 1835 a citare in versi le “ferrate vie”, nella Palinodia al Marchese Gino Capponi (1835), ironizzando sulle magnifiche e progressive sorti da altri profetizzate : “Universale amore, ferrate vie, moltiplici commerci, vapor, tipi e choléra i più divisi popoli e climi stringeranno insieme” ….Auro secolo ormai volgono, o Gino, i fusi delle Parche. Ogni giornale, gener vario di lingue e di colonne, da tutti i lidi lo promette al mondo concordemente. Universale amore, ferrate vie, moltiplici commerci, vapor, tipi e cholèra i piú divisi popoli e climi stringeranno insieme. Né maraviglia fia se pino o quercia suderá latte e mele, o s’anco al suono d’un walser danzerá. Tanto la possa infin qui de’ lambicchi e delle storte, e le macchine al cielo emulatrici crebbero, e tanto cresceranno al tempo che seguirá; poiché di meglio in meglio senza fin vola e volerá mai sempre di Sem, di Cam e di Giapeto il seme..... Poi segue la lettera di Manzoni alla moglie Teresa Borri, datata 14 settembre 1852 in cui scrive ammirato che la linea Torino-Genova, ancora in costruzione, è una nuova strada ferrata magnifica "L'impressione è quella del grandioso, dell'ardito" |
Autore: | Bill [ mercoledì 20 novembre 2019, 16:33 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Giosuè Carducci nel 1863 scrive "Inno a Satana". Dalla quartina 169 alla 184 si parla della locomotiva a vapore. Un bello e orribile Mostro si sferra, Corre gli oceani, Corre la terra: Corusco e fumido Come i vulcani, I monti supera, Divora i piani; Sorvola i baratri; Poi si nasconde Per antri incogniti, Per vie profonde; Ed esce; e indomito Di lido in lido Come di turbine Manda il suo grido |
Autore: | crosshead [ mercoledì 20 novembre 2019, 17:16 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Alla sua nascita, il Regno d’Italia aveva una rete ferroviaria nazionale lunga complessivamente 2.200 km. Dieci anni dopo, i chilometri aumentarono a 6.470; assommeranno ad oltre13.000 all’inizio del Novecento. Il paesaggio mutò, il territorio venne segnato dalla trama dei binari e comparvero suoni innaturali come lo sferragliare ed il fischiare delle locomotive che colpirono la fantasia di tanti scrittori. A quel tempo il nostro giovane e arretrato paese, allarmato dalle spinte innovative, divenne ancor più tradizionalista. Per l'antimodernista papa Gregorio XVI, la ferrovia era “opera diabolica”. Tra i letterati, prevalse l’accoglimento del treno e della ferrovia come manufatti di un’epoca che al feudalesimo agricolo sostituirà la civiltà delle manifatture e dell’evoluzione positiva dell’umanità, sotto il segno della scienza, delle sue scoperte, delle sue applicazioni. Nella poesia “Inno a Satana” di Giosuè Carducci (scritto nel 1863 e pubblicato per la prima volta nel 1865) , già citata da Bill, il progresso (Satana), la vittoria del nuovo sul vecchio, è un treno che sfreccia e corre ormai inarrestabile. Nel finale, Satana viene identificato con la macchina a vapore, la locomotiva, a simboleggiare la vittoria del progresso contro ogni forma di oscurantismo e di dogmatismo. Il treno assume nella fantasia del poeta l'aspetto di un mostro bello, ma nello stesso tempo pauroso, che corre senza mai fermarsi. Esso è rappresentato quasi come un essere fornito di volontà tenace (indomito) Giosuè Carducci " Il treno " Recitata da Sergio Carlacchiani https://www.youtube.com/watch?v=q1IT5gGAJYE (testo parziale) Un bello e orribile mostro si sferra, corre gli oceani, corre la terra: corusco e fumido come i vulcani, i monti supera, divora i piani; sorvola i baratri; poi si nasconde per antri incogniti, per vie profonde ed esce; e indomito di lido in lido come di turbine manda il suo grido, come di turbine l’alito spande: ei passa, o popoli, Satana il grande. Passa benefico di loco in loco su l’infrenabile carro del foco. Ecco come poi Giosuè Carducci descrive il treno a vapore nella sua poesia “Alla stazione in una mattina d’Autunno”, del 1877, l’ultima delle Odi barbare che trae spunto da un episodio autobiografico del 1873: la partenza da Bologna di Lidia (è il nome con cui Carducci canta Carolina Cristofori Piva, donna alla quale il poeta fu legato per alcuni anni). Carducci ci fa percepire il profumo di meraviglia meccanica del treno, "Già il mostro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei occhi sbarra; immane pe’l buio gitta il fischio che sfida lo spazio". Alla stazione in una mattina d'autunno recitata da Roberto Herlitzka https://www.youtube.com/watch?v=3sw6eCVXy3s Oh quei fanali come s’inseguono accidiosi là dietro gli alberi, tra i rami stillanti di pioggia sbadigliando la luce su ’l fango! Flebile, acuta, stridula fischia la vaporiera da presso. Plumbeo il cielo e il mattino d’autunno come un grande fantasma n’è intorno. Van lungo il nero convoglio e vengono incappucciati di nero i vigili, com’ombre; una fioca lanterna hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei freni tentati rendono un lugubre rintócco lungo: di fondo a l’anima un’eco di tedio risponde doloroso, che spasimo pare. E gli sportelli sbattuti al chiudere paion oltraggi: scherno par l’ultimo appello che rapido suona: grossa scroscia su’ vetri la pioggia. Già il mostro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei occhi sbarra; immane pe ’l buio gitta il fischio che sfida lo spazio. Va l’empio mostro |
Autore: | Omnibus [ giovedì 21 novembre 2019, 0:04 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Fantastico, crosshead! |
Autore: | crosshead [ sabato 23 novembre 2019, 14:34 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
La via ferrata Giovanni Pascoli, Myricae L'ultima passeggiata, 1891 (In origine la poesia era intitolata "Il telegrafo") Agli inizi della seconda metà dell’ottocento, nelle campagne dell’Italia preunitaria fecero la loro comparsa due simboli del progresso scientifico: il treno ed il telegrafo. Le linee telegrafiche correvano parallele alla via ferrata, perché la potenza e la velocità del treno, rendevano necessario un sistema di comunicazione in grado di trasmettere ordini sul movimento dei convogli in tempo reale, al fine di evitare incidenti. Qui Pascoli ravvisa, nella accoppiata ferrovia-telegrafo, il pericolo di una modernità che viene a turbare l’ordine rurale ed a minacciare il paesaggio immerso nella solitudine di una arcaica immobilità. I Binari ed i fili segnano il confine fra questo mondo contadino e le città lontane. Tra gli argini su cui mucche tranquillamente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla; e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aeree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d'ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. La strada ferrata si snoda lucente in una serena distesa di campi su uno sfondo luminoso, fiancheggiata da una trama aerea formata dai fili del telegrafo. Alla sensazione visiva si aggiunge quella uditiva: i fili vibrano al vento emettendo ora rumori cupi simili a rombi, o flebili come gemiti di donna, ora invece suoni melodiosi ed armoniosi, come fossero le corde di un immenso strumento musicale. |
Autore: | crosshead [ domenica 24 novembre 2019, 10:49 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Nel 1878, Emilio Praga, uno dei massimi esponenti della Scapigliatura (da Wikipedia: la Scapigliatura fu un gruppo artistico e letterario sviluppatosi nell'Italia settentrionale a partire dagli anni sessanta dell'Ottocento), dedica una poesia all'avvento della strada ferrata. La Scapigliatura italiana video di Lorenzo https://www.youtube.com/watch?v=uWerH_XtqeM Al contrario del Pascoli, che nella lirica La via ferrata riassorbe e mescola nel proprio microcosmo psichico gli elementi naturali e gli artificiali (Tra gli argini su cui tranquilla mente pascono, bruna si defila la via ferrata che lontano brilla), Praga inizia con un addio rivolto alla pace dei campi ed ad un bosco di frassini ombrosi che verranno entrambi annientati dalla costruzione del "ferrato cammin". Nel suo testo emerge l'antinomia tra il progresso, simboleggiato dal “fischio fugace” della locomotiva, ed il rimpianto per la bellezza della natura profanata. Praga, dapprima, descrive lo stupore della popolazione alla vista della locomotiva. Questa, che sfreccia a tutta velocità, viene rappresentata con pochi cenni che danno l'idea del movimento. La locomotiva "appare", come per un miracolo, e miracolosa è proprio questa macchina che percorre a tutta velocità le campagne. Poi sottolinea la velocità della locomotiva in contrasto con il lento aratro. Al volgersi faticoso dell'aratro viene qui contrapposto l'uragano del vapore: sembra quasi di vedere la locomotiva, immersa in una nuvola che si muove rapida, proprio come un uragano. Il treno è una strana visione, che viene caratterizzata dal fischio. Oltre, Praga descrive le varie interpretazioni date dai contadini al passaggio del treno: alcuni vedono nella macchina sbuffante un terribile pennuto, altri scorgono in essa una personificazione dello stesso Satana "chi Satana a tirarlo con sé" ( vedi Giosuè Carducci " Il treno "), ed altri accusano il treno di essere dannoso alle colture con il suo fumo e preferiscono spostarsi a dorso d'asino, considerandolo più naturale. Nonostante tutte queste ingenue interpretazioni del treno, il poeta non assume un atteggiamento canzonatorio nei confronti dei contadini, ma piuttosto tenta di spiegare la funzione della ferrovia. Praga vuole celebrare il treno perché esso rappresenta il progresso, affratella le genti e porta la pace. Il progresso permetterà infatti di superare le divisioni classiste: tutti si uniranno per innalzare l'edificio del progresso. Al termine della poesia ricompare però la malinconia per la distruzione del paesaggio, già presente nell'addio dei primi versi. Il testo con vari omissis: Addio, bosco di frassini ombrosi, ondeggianti campagne di biade! del villaggio tranquille contrade dove giuocano i bimbi al mattin. Addio, pace de' campi pensosi, solitarie abitudini, addio; l'operaio sul verde pendìo già distende il ferrato cammin. Passerà nell'antico convento, sulle fosse dei monaci estinti; se all'inferno non giacciono avvinti lo sa Iddio che stupor li corrà! Dove il cantico, inutile, lento, si perdea per la pinta navata, volerà, dal suo genio portata, via, fischiando, la scettica età. Che terrori nel nido latente degli ignari augelletti quel giorno! Da tugurio a capanna d'intorno che susurro, che ciancie, quel dì! Che dirà questa povera gente, cui repente - il miracolo appare ? Vecchierelli, aspettate a spirare quando giunta la strada sia qui. Che diran gli infelici cui preme la tremenda miseria del pane? E cui nulla concede il dimane, nella vita, che affanni e sudor? Quando accanto all'aratro, che geme lentamente nei solchi girando, scorrerà, quasi ai pigri insultando, l'uragano del nostro vapor? …... …..quando giunge il convoglio solenne; chi dirà di vedervi le penne, chi Satàna a tirarlo con sé; e del fumo, che lento si svia mentre lungi già il treno è trascorso, seguiran quasi estatici il corso brontolando : « No, fumo non è!». Ma i più furbi bisbigliano invece « Sì, che è fumo, e ai vigneti fatale: la campagna di un soffio letale può colpir tutta vasta quant'è. Ah il Signor queste cose non fece; no, per me, non ci vado in vapore. Chi compar! L'asinello è migliore; questo almeno il Signor ce lo die'...... …...E dirò: « Questo fischio fugace gira il mondo e affratella le genti, rispondetegli intorno plaudenti, cospergete il gran carro di fior. Esso è l'arca novella di pace, che i futuri destini rinserra, non più stragi di popoli in guerra, non più schiavi di avaro lavor! …............... |
Autore: | crosshead [ lunedì 25 novembre 2019, 15:18 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Nel 1843 Gioachino Belli, (uomo di notevole cultura classica, ma anche attratto dalle scienze), nel sonetto “Le carrozze a vvapore” si scaglia contro il terribile strumento, degno del demonio, di cui un popolano parla con tanto sdegnato orrore. Le carrozze a vvapore Che nnaturale! naturale un cavolo. Ma ppò èsse un affetto naturale volà un frullone com’avesse l’ale? Cqui cc’entra er patto tascito cor diavolo. Dunque mó ha da fà ppiú cquarche bbucale d’acqua che ssei cavalli, eh sor don Pavolo? Pe mmé ccome l’intenno ve la scavolo: st’invenzione è ttutt’opera infernale. Da sí cche ppoco ce se crede (dímo la santa verità) ’ggni ggiorno o ddua ne sentimo una nova, ne sentimo. Sí, ccosa bbona, sí: bbona la bbua. Si ffussi bbona, er Papa saría er primo de mette ste carrozze a ccasa sua. Al contrario, i futuristi nel primo novecento decantano la velocità, le meraviglie del treno e del progresso. "Noi canteremo … il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi …." Così Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), nel suo Manifesto del Futurismo pubblicato nel febbraio 1909 indica i pensieri, le convinzioni e le intenzioni dei Futuristi. Filippo Tommaso Marinetti - Manifesto del Futurismo BookTube di Davide Lucarelli - DadoPlath https://www.youtube.com/watch?v=AJRAp6yMOtg L’attrazione per la velocità è fusione di bellezza e progresso. Ne è esempio la poesia del futurista Farfa, pseudonimo di Vittorio Osvaldo Tommasini (Trieste, 10 dicembre 1879 – Sanremo, 20 luglio 1964), Grande delizia: osservate quel treno sbuffante salire i gradini traversini raggiunger la bocca del tunnel che se lo succhia come lequorizia vidi la tettoia arcuata quale bocca di gitana allontanare un sigaro fumante di treno in partenza riaccostando alle labbra il diretto in arrivo finché sputò lontano l’ultimo mozzicone di un vagone merci madre abbadessa circonflessa innanzi al finestrino usa al mattutino sbrigatevi pel biglietto del diretto perché questa non è una stazione della via crucis ma quella di porta Susa. I treni dei Futuristi ![]() Il treno ha fischiato - Pippo Rizzo - Treno in corsa 1929 ![]() Treno in stazione, Vittorio Corona olio su tavola (1921). ![]() Treno notturno in corsa, Pippo Rizzo, olio su tela, 1926 |
Autore: | crosshead [ venerdì 13 dicembre 2019, 16:22 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Luigi Pirandello (1867-1936, premio Nobel per la letteratura nel 1934), oltre la già citata novella “Il treno ha fischiato, pubblicata sul Corriere della sera il 22 febbraio 1914 vedi topic viewtopic.php?f=29&t=102024, nel testo "Una giornata" ci racconta di una stazione ferroviaria a metà tra sogno ed incoscienza: "Strappato dal sonno, forse per sbaglio, e buttato fuori dal treno in una stazione di passaggio. Di notte; senza nulla con me. Non riesco a riavermi dallo sbalordimento. Ma ciò che più mi impressiona è che non mi trovo addosso alcun segno della violenza patita; non solo, ma che non ne ho neppure un’immagine, neppur l’ombra confusa d’un ricordo. Mi trovo a terra, solo, nella tenebra d’una stazione deserta; e non so a chi rivolgermi per sapere che m’è accaduto, dove sono. Ho solo intravisto un lanternino cieco, accorso per richiudere lo sportello del treno da cui sono stato espulso. Il treno è subito ripartito. È subito scomparso nell’interno della stazione quel lanternino, col riverbero vagellante del suo lume vano. Nello stordimento, non m’è nemmeno passato per il capo di corrergli dietro per domandare spiegazioni e far reclamo." Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990) poeta, critico letterario, ne "Il congedo del viaggiatore cerimonioso" poesia (un po’ lunga), appartenente alla omonima raccolta degli anni ’60, saluta i propri compagni di viaggio fornendoci la metafora del viaggio in treno che rappresenta la nostra vita. Il treno è il mezzo da cui improvvisamente si deve scendere, cercando di non dare disturbo agli altri viaggiatori Amici, credo che sia meglio per me cominciare a tirar giù la valigia. Anche se non so bene l’ora d’arrivo, e neppure conosca quali stazioni precedano la mia, sicuri segni mi dicono, da quanto m’è giunto all’orecchio di questi luoghi, ch’io vi dovrò presto lasciare. Vogliatemi perdonare quel po’ di disturbo che reco. Con voi sono stato lieto dalla partenza, e molto vi sono grato, credetemi, per l’ottima compagnia. Ancora vorrei conversare a lungo con voi. Ma sia. Il luogo del trasferimento lo ignoro. Sento però che vi dovrò ricordare spesso, nella nuova sede, mentre il mio occhio già vede dal finestrino, oltre il fumo umido del nebbione che ci avvolge, rosso il disco della mia stazione. Chiedo congedo a voi senza potervi nascondere, lieve, una costernazione. Era così bello parlare insieme, seduti di fronte: così bello confondere i volti fumare, scambiandoci le sigarette, e tutto quel raccontare di noi quell’inventare facile, nel dire agli altri, fino a poter confessare quanto, anche messi alle strette, mai avremmo osato un istante per sbaglio confidare. Scusate. È una valigia pesante anche se non contiene gran che: tanto ch’io mi domando perché l’ho recata, e quale aiuto mi potrà dare poi, quando l’avrò con me. Ma pur la debbo portare, non fosse che per seguire l’uso. Lasciatemi, vi prego, passare. Ecco. Ora ch’essa è nel corridoio, mi sento più sciolto. Vogliate scusare. Dicevo, ch’era bello stare insieme. Chiacchierare. Abbiamo avuto qualche diverbio, è naturale. Ci siamo ed è normale anche questo odiati su più d’un punto, e frenati soltanto per cortesia. Ma, cos’importa. Sia come sia, torno a dirvi, e di cuore, grazie per l’ottima compagnia. Congedo a lei, dottore, e alla sua faconda dottrina. Congedo a te ragazzina smilza, e al tuo lieve afrore di ricreatorio e di prato sul volto, la cui tinta mite è sì lieve spinta. Congedo, o militare o marinaio! In terra come in cielo ed in mare alla pace e alla guerra. Ed anche a lei, sacerdote, congedo, che m’ha chiesto s’io ho avuto in dote di credere al vero Dio. Congedo alla sapienza e congedo all’amore. Congedo anche alla religione. Ormai sono a destinazione. Ora che più forte sento stridere il freno, vi lascio davvero, amici. Addio. Di questo, son certo: io son giunto alla disperazione calma, senza sgomento. Scendo. Buon proseguimento. |
Autore: | crosshead [ sabato 14 dicembre 2019, 23:24 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Tra le tante immagini della poetica di Giorgio Caproni, nel testo del 1946 “Le biciclette”, troviamo un riferimento a treni che vagano senza meta. "Fu il transito dei treni, che, di notte, vagano senza trovare una meta fra i campi al novilunio? Per le incolte brughiere, ahi il lungo fischio sulla pietra e i detriti funesti cui la brina dà sudori di ghiaccio". E nella stazione nebbiosa, che fa da sfondo all’incontro con la madre morta Annina in "Ad portam inferi" del 1958, il treno è il motivo della lunga attesa dell' "ultima coincidenza per l’ultima destinazione". A questo elenco di testi letterari relativi all’immagine del treno devo aggiungere quello di Pascoli, intitolato "Notte d’inverno", dai "Canti di Castelvecchio" del 1903. Il Tempo chiamò dalla torre lontana. . . Che strepito! È un treno, là, se non è il fiume che corre. O notte! Nè prima io l’udiva, lo strepito rapido, il pieno fragore di treno che arriva; sì, quando la voce straniera, di bronzo, me chiese; sì, quando mi venne a trovare ov’io era, squillando squillando nell’oscurità. Il treno s’appressa. . . Già sento la querula tromba che geme, là, se non è l’urlo del vento. E il treno rintrona rimbomba, rimbomba rintrona, ed insieme risuona una querula tromba. E un’altra, ed un’altra non essa m’annunzia che giunge? Io domando. Quest’altra! Ed il treno s’appressa tremando tremando nell’oscurità. Sei tu che ritorni. Tra poco ritorni, tu, piccola dama, sul mostro dagli occhi di fuoco. Hai freddo? paura? C’è un tetto, c’è un cuore, c’è il cuore che t’ama qui! Riameremo. T’aspetto. Già il treno rallenta, trabalza, sta. . . Mia giovinezza, t’attendo! Già l’ultimo squillo s’innalza gemendo gemendo nell’oscurità . . . E il Tempo lassù dalla torre mi grida ch’è giorno. Risento la tromba e la romba che corre. Il giorno è coperto di brume. Quel flebile suono è del vento, quel labile tuono è del fiume. È il fiume ed è il vento, so bene, che vengono vengono, intendo, così come all’anima viene, piangendo piangendo, ciò che se ne va. Il fischio del treno, nel suo approssimarsi notturno, diventa un misterioso ed inquietante richiamo che ripete un gemito lamentoso, e rammenta i ricordi di un tempo passato, di una giovinezza perduta. L’immagine del treno compare anche in Montale, in "Nel fumo" del 1971, associata alla sensazione d'inquietudine per l'attesa di una donna in una stazione nebbiosa. Il treno diventa la possibilità di un errore, di una donna che può giungere o non giungere all’appuntamento atteso; non c’è destino, c’è anzi casualità. La stessa scena, che sopravvive come ricordo sfuocato sullo sfondo nebbioso, si rivela un incubo nel finale. "Nel fumo" Quante volte t’ho atteso alla stazione nel freddo, nella nebbia. Passeggiavo tossicchiando, comprando giornali innominabili, fumando Giuba poi soppresse dal ministro dei tabacchi, il balordo! Forse un treno sbagliato, un doppione oppure una sottrazione. Scrutavo le carriole dei facchini se mai ci fosse dentro il tuo bagaglio, e tu dietro, in ritardo. Poi apparivi, ultima. È un ricordo tra tanti altri. Nel sogno mi perseguita. |
Autore: | crosshead [ domenica 15 dicembre 2019, 15:20 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
- Italo Calvino, nel brano tratto dal racconto Il giardino incantato (in Ultimo venne il corvo, 1949), fa rivivere, nei cuori di due ragazzini liguri della Riviera di Ponente, la meraviglia meccanica ottocentesca e carducciana del treno. Lettura di Ermanno Satori https://www.youtube.com/watch?v=rM8QKqo6odc - Gianni Rodari "Il treno dei bambini" C’è un paese dove i bambini hanno per loro tanti trenini, ma treni veri, che questa stanza per farli andare non è abbastanza, treni lunghi da qui fin là, che attraversano la città. Il capostazione è un ragazzetto appena più grande del fischietto, il capotreno è una bambina allegra come la sua trombettina; sono i bambini il controllore, il macchinista, il frenatore. Tutti i posti sui vagoncini sono vicini ai finestrini. E il bigliettario sul suo sportello ha attaccato questo cartello: "I signori genitori se hanno voglia di viaggiare debbono farsi accompagnare". Martina canta "Il treno dei bambini" dal film "L'ingorgo" di Luigi Comencini, 1978 https://www.youtube.com/watch?v=KkHNyVmXRHQ Gianni Rodari "Sul treno di frontiera" https://www.youtube.com/watch?v=lLBmSRcNr8g "Il treno degli emigranti " interpreta: Sergio Carlacchiani https://www.youtube.com/watch?v=AgmYlSYW1Q4 |
Autore: | crosshead [ domenica 15 dicembre 2019, 15:43 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Non ricordo altri frammenti letterari, pertanto vi prego di segnalarli. Tuttavia, se pur non di eccelsa levatura, vi elenco delle canzoni più o meno “impegnate” - La locomotiva - Francesco Guccini "La locomotiva" è una canzone di Francesco Guccini compresa nell'album Radici del 1972, che si riferisce ad un fatto realmente accaduto, raccontato con alcuni adattamenti poetici. https://www.youtube.com/watch?v=wd9r0xTGhyo https://www.youtube.com/watch?v=KeX1Yb8CSjw https://www.youtube.com/watch?v=LrQ8AWjH6OM Testo Non so che viso avesse, neppure come si chiamava, con che voce parlasse, con quale voce poi cantava, quanti anni avesse visto allora, di che colore i suoi capelli, ma nella fantasia ho l'immagine sua: gli eroi son tutti giovani e belli, gli eroi son tutti giovani e belli, gli eroi son tutti giovani e belli... Conosco invece l'epoca dei fatti, qual' era il suo mestiere: i primi anni del secolo, macchinista, ferroviere, i tempi in cui si cominciava la guerra santa dei pezzenti sembrava il treno anch' esso un mito di progresso lanciato sopra i continenti, lanciato sopra i continenti, lanciato sopra i continenti... E la locomotiva sembrava fosse un mostro strano che l'uomo dominava con il pensiero e con la mano: ruggendo si lasciava indietro distanze che sembravano infinite, sembrava avesse dentro un potere tremendo, la stessa forza della dinamite, la stessa forza della dinamite, la stessa forza della dinamite.. Ma un' altra grande forza spiegava allora le sue ali, parole che dicevano "gli uomini son tutti uguali" e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via la bomba proletaria e illuminava l' aria la fiaccola dell'anarchia, la fiaccola dell'anarchia, la fiaccola dell'anarchia... Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione, un treno di lusso, lontana destinazione: vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori, pensava al magro giorno della sua gente attorno, pensava un treno pieno di signori, pensava un treno pieno di signori, pensava un treno pieno di signori... Non so che cosa accadde, perchè prese la decisione, forse una rabbia antica, generazioni senza nome che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore: dimenticò pietà, scordò la sua bontà, la bomba sua la macchina a vapore, la bomba sua la macchina a vapore, la bomba sua la macchina a vapore... E sul binario stava la locomotiva, la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva, sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno mordesse la rotaia con muscoli d' acciaio, con forza cieca di baleno, con forza cieca di baleno, con forza cieca di baleno... E un giorno come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo pensò che aveva il modo di riparare a qualche torto. Salì sul mostro che dormiva, cercò di mandar via la sua paura e prima di pensare a quel che stava a fare, il mostro divorava la pianura, il mostro divorava la pianura, il mostro divorava la pianura... Correva l' altro treno ignaro e quasi senza fretta, nessuno immaginava di andare verso la vendetta, ma alla stazione di Bologna arrivò la notizia in un baleno: "notizia di emergenza, agite con urgenza, un pazzo si è lanciato contro al treno, un pazzo si è lanciato contro al treno, un pazzo si è lanciato contro al treno..." Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva e sibila il vapore e sembra quasi cosa viva e sembra dire ai contadini curvi il fischio che si spande in aria: "Fratello, non temere, che corro al mio dovere! Trionfi la giustizia proletaria! Trionfi la giustizia proletaria! Trionfi la giustizia proletaria!" E intanto corre corre corre sempre più forte e corre corre corre corre verso la morte e niente ormai può trattenere l' immensa forza distruttrice, aspetta sol lo schianto e poi che giunga il manto della grande consolatrice, della grande consolatrice, della grande consolatrice... La storia ci racconta come finì la corsa la macchina deviata lungo una linea morta... con l' ultimo suo grido d' animale la macchina eruttò lapilli e lava, esplose contro il cielo, poi il fumo sparse il velo: lo raccolsero che ancora respirava, lo raccolsero che ancora respirava, lo raccolsero che ancora respirava... Ma a noi piace pensarlo ancora dietro al motore mentre fa correr via la macchina a vapore e che ci giunga un giorno ancora la notizia di una locomotiva, come una cosa viva, lanciata a bomba contro l' ingiustizia, lanciata a bomba contro l' ingiustizia, lanciata a bomba contro l' ingiustizia! - I Treni A Vapore - Ivano Fossati https://www.youtube.com/watch?v=h2p_hz-oOcM https://www.youtube.com/watch?v=OTOnbsgeG8I Testo e Musica di Ivano Fossati - Dall'album "Dal vivo volume 1-Buontempo"(Epic). Io la sera mi addormento e qualche volta sogno perché voglio sognare E nel sogno stringo i pugni tengo fermo il respiro e sto ad ascoltare Qualche volta sono gli alberi d'Africa a chiamare altre notti sono vele piegate a navigare Sono uomini e donne e piroscafi e bandiere viaggiatori viaggianti da salvare Delle città importanti io mi ricordo Milano livida e sprofondata per sua stessa mano. E se l'amore che avevo non sa più il mio nome e se l'amore che avevo non sa più il mio nome Come i treni a vapore come i treni a vapore di stazione in stazione e di porta in porta e di pioggia in pioggia e di dolore in dolore il dolore passerà. Io la sera mi addormento e qualche volta sogno perché so sognare E mi sogno i tamburi della banda che passa o che dovrà passare Mi sogno la pioggia fredda e dritta sulle mani e i ragazzi della scuola che partono già domani E mi sogno i sognatori che aspettano la primavera o qualche altra primavera da aspettare ancora fra un bicchiere di neve e un caffé come si deve quest'inverno passerà. E se l'amore che avevo non sa più il mio nome e se l'amore che avevo non sa più il mio nome Come i treni a vapore come i treni a vapore di stazione in stazione e di porta in porta e di pioggia in pioggia e di dolore in dolore il dolore passerà Come i treni a vapore come i treni a vapore di stazione in stazione e di porta in porta e di pioggia in pioggia e di dolore in dolore il dolore passerà. - Il treno - Vinicio Capossela https://www.youtube.com/watch?v=L16A3qFS8AQ - Il treno - Riccardo Cocciante https://www.youtube.com/watch?v=-h7blkXqDg8 - Treno - Lucio Dalla https://www.youtube.com/watch?v=mEbnXcrMYuY - Infiniti treni - Renato Zero https://www.youtube.com/watch?v=ni2VluDQQz8 - Sul Treno - Nek https://www.youtube.com/watch?v=ZSCkyBebZvM - Sul treno - Simone Cristicchi https://www.youtube.com/watch?v=bnnwsCx6K3c |
Autore: | Taurus484 [ domenica 15 dicembre 2019, 17:40 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Minkia, ma siete tutti professori?? Allora, non vi farà molto piaciere che quando ho finalmente finito le superiori, ho fatto un bel falò di libri di italiano e storia e antologgie varie... ![]() e mi sono sentito subito meglio |
Autore: | e 428 013 [ lunedì 16 dicembre 2019, 6:06 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Potevi rivenderli al mercatino, e con i soldi ricavati comprare un trenino. E poi le copertine plastificate, bruciando, inquinano..vabbè ormai cio' che è fatto è fatto ![]() |
Autore: | Taurus484 [ lunedì 16 dicembre 2019, 12:38 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
I miei libri di scuola gli ho venduti TUTTI, infatti mio papà non badava a spese e me li ha sempre comprati tutti in tutte le classi di tutte le scuole che ho girato prima che riuscivo a pigliarmi sto diploma e infatti ho tirato su' un poco di skei come diciamo dalle parti mie PERO' quelli di italiano e di storia gli odiavo talmente tanto che ho' preferito fare il falo'................ e ho goduto...... ![]() ![]() ![]() |
Autore: | e 428 013 [ lunedì 16 dicembre 2019, 14:03 ] |
Oggetto del messaggio: | Re: " le Ferrate vie" della letteratura italiana |
Trieste purtroppo ha una memoria di ben piu' tristi ceneri... |
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