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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 19 aprile 2020, 12:05 
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joker ha scritto:
Lo sfondo di un plastico anni '50 non può essere fotografico, perché all'epoca le gigantografie erano rare e costosissime. All'epoca, pertanto, chi voleva uno sfondo doveva dipingerselo da sé. E così è stato fatto: all'uopo è stata ingaggiata una provetta pittrice, rispondente al nome di Antonia Amati (che casualmente risulta essere la moglie del sottoscritto) la quale ha fedelmente riprodotto il panorama (vedi l'ultima immagine) che si può ammirare dalla terrazza di Museogiocando.


Grazie Gianni; un applauso scrosciante ad Antonia!
Ciao!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 19 aprile 2020, 12:39 
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Nome: Benedict Littlesaturday
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Località: Sutri (VT)
questa iniziativa del museo e' assolutamente meravigliosa, ma quando ho visto la biblioteca mi si e' aperto il cuore. bravissimi sara' il primo posto che verremo a visitare quando si potra'...


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 19 aprile 2020, 13:07 
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Pik ha scritto:
un applauso scrosciante ad Antonia!

Caro Franco, Antonia sentitamente ringrazia! :lol:


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 19 aprile 2020, 13:21 
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max63 ha scritto:
quando ho visto la biblioteca mi si e' aperto il cuore...
Sono contento: allora significa che 64 kit Ikea, fra Billy e Besta non sono stati assemblati invano...


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 19 aprile 2020, 13:28 
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joker ha scritto:
quello in fondo a sinistra nella foto dovrebbe essere il Catria,!
Mia moglie dice che sono una bestia e ancora non so riconoscere quello che ho di fronte a casa: hai ragione tu, quello a sinistra è il Catria. Chiedo umilmente scusa.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 19 aprile 2020, 21:42 
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Località: arcevia an
Salve, venite gente , venite abito a 6 chilometri dal MUSEO , il proprietario e una persona cortese e disponibilissima , per i prossimi visitatori vi ricordo , vero che è un po fuori mano ma abbiamo il mare a 38 chilometri,le Grotte Di Frassassi a 30 chilometri, se vi piace l ' arte ARCEVIA e piena di opere d ' arte , si mangia benissimo e ottimo verdicchio , non era cerasuolo ma visciolato .


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 19 aprile 2020, 23:13 
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and342 ha scritto:
non era cerasuolo ma visciolato .
Ah, mi pareva!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 20 aprile 2020, 7:37 
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and342 ha scritto:
Salve, venite gente ,
Ringrazio and342 (un amante del diesel Fs?) e colgo l'occasione per presentare Piticchio, il luogo che mi ha incantato a prima vista e dove ormai vivo prevalentemente da dieci anni a questa parte. Dal sito MUSEOGIOCANDO.COM:

A dispetto del suo nome, che sembrerebbe indicare un luogo piccolo ed insignificante, Piticchio di Arcevia è un incantevole borgo-castello dalla struttura rinascimentale perfettamente conservata, sito sulla cima di un colle che alle spalle di Senigallia degrada dolcemente verso la costa marchigiana.
Edificato a 400 mt sopra il livello del mare nella seconda metà del XII secolo, il borgo nasce da un insediamento romanico chiamato “pitulum” e fa parte del sistema difensivo di nove rocche - tutte a contatto visivo con almeno un’altra - che circondano la nobile cittadina di Arcevia (già Rocca Contrada) e che un tempo consentivano alla popolazione di trovare riparo dalle scorrerie dei pirati barbareschi venuti dal mare.
Gravemente danneggiato durante la contesa tra il Comune di Rocca Contrada e il Vescovo di Senigallia, il castello di Piticchio viene ricostruito dopo gli accordi del 1289 e successivamente rimodellato in forma quasi perfettamente circolare nel 1542 da Mastro Giovanni Di Matteo da Bellinzona secondo i più avanzati criteri militari dell’epoca. Nella seconda metà del ’700 viene costruito sulla via principale, accorpando precedenti edifici, il palazzo Carletti Giampieri, tipico esempio di architettura civile di prestigio delle Marche, che custodisce al suo interno un graziosissimo teatro costruito nel 1846, sicuramente tra i più piccoli del mondo, dotato di un ordine di palchi ed in grado di contenere non più di una trentina di persone.
L’arco gotico alla base della torre, risalente al tardo Medioevo, sovrasta l’antica ed ancor oggi unica porta d’ingresso al borgo alla quale una volta si accedeva con una ripida rampa ed un ponte levatoio. L’attuale accesso al paese risale alla fine dell’800, quando viene costruito un più comodo terrapieno laterale con una seconda porta monumentale sulla quale spicca oggi lo stemma realizzato in ceramica nel 1991 dal pittore Bruno d’Arcevia.
Entro le mura del castello, nel punto più alto del paese, si trova la chiesa parrocchiale di S. Sebastiano, edificata nella seconda metà del ‘400 e ampliata alla fine del secolo successivo.
A questo periodo risale il bell’altare centrale in legno dorato contenente tre tele di Ercole Ramazzani (Arcevia, 1535-1598) raffiguranti l’Ultima cena, San Sebastiano e Santa Chiara. L’edificio, che contiene un pregevole organo del 1737 attribuito a Sebastiano Vici, è stato parzialmente ricostruito ed ampliato dopo il terremoto del 1751.
Dagli anni Sessanta in poi, numerosi nuovi nuclei abitativi sono sorti intorno alla cerchia delle mura e all’interno del castello risiedono oramai in permanenza solo una dozzina di famiglie, ma non per questo l’antico borgo ha perso la sua vivacità: le numerose manifestazioni culturali, musicali ed enogastronomiche organizzate soprattutto fra giugno e novembre fanno di Piticchio una meta da non mancare, tipica di quell’Italia a torto considerata “minore” e capace di riservare affascinanti sorprese.
Nei dintorni di Piticchio, oltre ad Arcevia (con le sue robbiane ed un interessante museo archeologico) e agli altri suoi borghi castello (Palazzo, Caudino, San Pietro, Montale, Loretello, Nidastore, Castiglioni ed Avacelli), sono da visitare le grotte di Frasassi, fra le più estese d’Europa, nonché gli incantevoli abitati cinti da mura medievali di Genga, Corinaldo e Mondavio.
Piticchio dista mezz’ora di viaggio in auto da Senigallia, con la sua spiaggia e la possente Rocca Roveresca, o da Fabriano, dove da non perdere sono il museo della carta, la pinacoteca diocesana e il graziosissimo museo dei mestieri in bicicletta.

Sarebbe lecito chiedersi come mai MUSEOGIOCANDO sia sorto proprio a Piticchio.
In effetti, tutto nasce dal caso, o se volete, da una serie di coincidenze: nel 2009, mia moglie ed io, appena andati in pensione, decidemmo di comprare una bella casa in campagna nella quale poterci dedicare ai rispettivi hobby: lei al giardinaggio ed io ai miei amatissimi giocattoli d’epoca e modellini di treni e di automobili accumulati in una vita di ingordo collezionismo.
All’inizio io proposi località più o meno esotiche, tipo la Provenza, la Dalmazia o il Lago di Garda, ma lei fu irremovibile nello scegliere l’Italia centrale. Essendo io nativo di Firenze, cominciammo le ricerche dalla Toscana, ma i prezzi erano molto al di fuori della portata delle nostre tasche, per cui passammo tosto in Umbria e quindi nelle Marche, che all’epoca conoscevo assai poco, mentre mia moglie, originaria della provincia di Pesaro, ci sentiva aria di casa.
L’idea era di trovare un bel casale con un annesso agricolo, tipo stalla o fienile, in cui alloggiare convenientemente i miei trastulli. Necessitavamo di un’ampia metratura, perché i giocattoli erano già davvero tanti e in più volevamo disporre di qualche camera per ospitare gli amici. Compulsammo internet, scoprendo una infinità di immobili in vendita (e dire che la crisi era appena incominciata!) ma presto imparammo a scartare le offerte di case “immerse nella natura incontaminata” perché ciò comportava percorrere due o tre chilometri di strada sterrata per raggiungere il sito. Non desiderando emulare Robinson Crusoe, restringemmo la ricerca a obiettivi dai quali fosse possibile “andare a piedi a bere un caffè”.
Nell’estate del 2010, assistiti da 12 diverse agenzie, prendemmo personalmente visione di 52 immobili, sparsi fra Tavullia e Monte Prandone, ovvero rispettivamente dal confine romagnolo a quello abruzzese, inclusi due antichi mulini, un ex consorzio agrario, un castello semidiroccato con un salone a volticelle gotiche, una cantina sociale con ancora centinaia di bottiglie di verdicchio, case patrizie con soffitti affrescati, un intero miniborgo abbandonato, ville, villette ed una quantità di casali rustici, finché, dalle parti di Jesi, approdammo all’incantevole borgo-castello di Piticchio di Arcevia, accanto al quale sorgeva una bella casa padronale dei primi del Novecento, con annesso un grande fabbricato che una volta accoglieva una fabbrica di maglieria.
In totale, circa 1000 (mille) metri quadri: 300 di comoda abitazione e 700 di spazio per giocare, più altri 300 di terrazza panoramica poteva bastare! Decidemmo di acquistarlo, e per sapere se stava in piedi mi rivolsi ad un amico che stava restaurando la sua casa nei paraggi, chiedendogli di prestarci il suo architetto per fare una perizia preventiva.
L’esame diede esito positivo, ma il caso ha voluto che l’architetto, Luca Schiavoni, fosse specializzato in musei. In vita sua aveva lavorato sempre in questo campo, realizzando fra l’altro la Sala dei Manoscritti Islamici per la nuova Biblioteca di Alessandria d’Egitto, un’ala del Museo Nazionale Bavarese e nelle Marche a Macerata un bellissimo Museo delle Carrozze, a Serra de’ Conti il Museo del Silenzio e a Fabriano il Museo Diocesano.
Da questo fatale incontro, e visto lo spazio a disposizione, è nata l’idea di allestire un vero e proprio museo del giocattolo aperto al pubblico… Elementare, Watson!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 20 aprile 2020, 9:26 
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Iscritto il: lunedì 5 giugno 2006, 19:20
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Località: Città di Castello
Gianni, non ti preoccupare, sono una bestia anch'io... mi sono trasferito in Umbria da 36 anni, ma certi cocuzzoli attorno a casa continuo a confonderli, anche ora che li studio per ricostruire le vicende del passaggio del fronte nel 1944!

In compenso conosco a menadito i monti di mezzo Trentino... ma quelli li imparai da ragazzo!

Cartografici saluti,

Andrea

PS: and342, giusto.. la buonanima lo chiamava ciliegiolo!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 20 aprile 2020, 17:32 
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Iscritto il: domenica 21 febbraio 2016, 15:35
Messaggi: 229
Pensa che quasi un anno fa sono venuto a Jesi ad accompagnare mio figlio secondogenito ai nazionali di judo! Avendo poco tempo a disposizione non sarei comunque riuscito a visitare il Museo; ci è uscita solo una visita a Jesi, che ho apprezzato non poco. Non è escluso che ritorni, soprattutto dopo la tua esaustiva presentazione e la descrizione del borgo in cui sorge il museo. L'Italia è davvero tutta bella.
Saluti dal tuo omonimo
Gianni


Ultima modifica di Pachecco il lunedì 20 aprile 2020, 21:46, modificato 1 volta in totale.

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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 20 aprile 2020, 21:24 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Pachecco ha scritto:
L'Italia è davvero tutta bella.
E in buona parte ancora da scoprire. Grazie Gianni, ti aspettiamo insieme alla cintura nera. Ma adesso vorrei tornare sull'argomento biblioteca, dove sono custodite buona parte delle fonti da cui ho attinto per scrivere le schede che corredano gli oggetti esposti a Museogiocando. E' stata - e lo è ancora perché il lavoro è ben lungi dall'essere completato - la fatica più improba, quella che ha richiesto più tempo ma che considero la parte più interessante, perché senza una adeguata documentazione, nulla può essere fruito appieno.
Finora vi ho propinato la storia della Marklin e quella della Fleischmann. Adesso vi propongo quella di un'altro insigne marchio tuttora attivo, Arnold, che oggi si dedica solo ai modelli ferroviari, mentre in passato...

ARNOLD

Nella nomenklatura dei vecchi fabbricanti di giocattoli tedeschi, la Arnold è una firma di tutto rispetto, per la sua anzianità e per la qualità dei prodotti, oggi apprezzati dai collezionisti anche se la sua stella non è mai arrivata a brillare come certi astri di prima grandezza.
L’azienda sorge nel 1906 per iniziativa Karl Arnold e fin dai primi anni di attività dimostra un notevole eclettismo fabbricando mezzi militari, vetture, moto, autocarri e tanti altri giochi. La sua migliore produzione è tuttavia concentrata soprattutto fra gli anni Trenta e la fine dei Cinquanta, periodo in cui sforna un buon numero di pregevoli giocattoli in lamiera.
Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, fra la produzione della Arnold troviamo un piccolo automezzo dei pompieri che ha un sosia tra i giocattoli della Rico e diverse belle motociclette, ma soprattutto spuntano, per stare al passo coi tempi, i primi mezzi militari. Ci sono autoblindo e carri armati, alcuni dei quali verranno riproposti ancora dopo il conflitto, in attesa di novità che non evochino più gli spettri della guerra.
A proposito dei giocattoli militari occorre ricordare un particolare non secondario: la Arnold deteneva già da diversi anni un brevetto consistente nell’uso delle pietre focaie per emettere scintille sfregando contro una rotella. Qualcosa di simile a ciò che oggi avviene nei comuni accendini. Questo semplice ma ingegnoso dispositivo trova una ideale applicazione nel giocattolo militare ed ecco autoblindo e carri armati muniti di cannoni e mitraglie che simulano il fuoco.
Durante la seconda guerra mondiale la Arnold va praticamente distrutta in seguito ai bombardamenti: la ricostruzione è completata nel 1946 ma soltanto più tardi escono le prime vere novità. ln questo periodo il veicolo certamente più famoso, anche per la presenza delle forze d'occupazione alleate in Germania, è la Jeep e puntualmente appare un'ottima riproduzione in lamiera firmata dalla Arnold della celebre camionetta che a partire dal 1949 viene proposta in più versioni. tra cui quelle con là scritta Military Police e una piuttosto rara con un rimorchietto munito di radar. Ce ne è anche una civile, oggi meno quotata, e quelle militari sono accompagnate da figurine di soldati alleati. Più che di un giocattolo si può parlare di un modellino in piena regola, con pneumatici in gomma, sterzo parabrezza ribaltabile, tanica del carburante, carica a molla e leva d’arresto.
Sempre nel genere militare, escono nuove autoblindo e carri armati. Ed ecco poi le prime auto civili che assumono nomi curiosi come Primat, Format e Candidat a seconda dei meccanismi. Sono vetture in lamiera di tipo americano, con carica a molla, ruote gommate e sterzo, lunghe circa 25 cm. Le cabriolet hanno personaggi a bordo. Col tempo, qualcuna di esse viene fornita di telecomando e altre vengono presentate anche in versione polizia. Singolare e piuttosto rara una con la scritta Polizia in italiano.
Molte sono le motociclette, che la Arnold continua a produrre nel dopoguerra con successo e in buon numero di varianti. A corredo di questi giochi c’è pure una stazione di servizio litografata che simula il rifornimento di carburante. Nel 1955 esce una Opel Kapitan berlina trasformabile in cabriolet, lunga 25 cm e presentata in tre edizioni: con carica a molla, a volano e comando elettrico a distanza. Coeva è pure un Mercedes 300 lunga 19 cm di non eccelsa fattura.
Numerosi sono in questo periodo gli autocarri: la Arnold ne produce un vasto assortimento composto da autogru, furgoni, cisterne autoarticolati e automezzi dei pompieri e militari. Fra tanti giocattoli in lamiera trova posto anche un bellissimo modello in plastica dura riproducente un autocarro Man: ha carica a orologeria, sterzo operante, pneumatici in gomma, cassone ribaltabile e soprattutto un magnifico telaio in lamiera.
Altro giocattolo degno di nota è un autobus del 1948 circa, che viene presentato anche in una singolare versione contenente all’interno una motrice che uscendo traina l’autobus. Da segnalare anche un trattore agricolo con rimorchio e tanti altri giochi come piste e giostre. Verso la fine degli anni ’50 la Arnold mette in commercio un’altra jeep di formato più grande della precedente (cm 20,04) ma inferiore come qualità; ha carica a frizione, ruote gommate e telefono estraibile dal retro del veicolo.
Di fronte alla massiccia invasione degli articoli di plastica, sul finire degli anni ’50 la Arnold comincia a disimpegnarsi dal mondo dei giocattoli in lamiera, che erano stati il suo forte, e nel 1960 si lancia nella produzione di trenini elettrici inventando lo scartamento N (Nove millimetri, scala 1/160) che per le sue ridottissime dimensioni consente un enorme risparmio di spazio.
Le ferrovie in miniatura Arnold riscuotono subito un buon successo, e il catalogo della ditta di Muhlhausen si arricchisce progressivamente di decine e decine di articoli fra locomotive, carrozze, vagoni, binari e relativi accessori.
Complice la concorrenza di altri produttori di treni elettrici, che dopo aver fiutato l’affare hanno allargato la propria produzione alla scala N, come Fleischmann e Trix, negli anni ’80 sopraggiunge la crisi, e nel 1992 la Arnold viene acquisita dal gruppo italiano che già riunisce Rivarossi, Pocher, Lima e Jouef.
Nel 2001, con una curiosa alchimia finanziaria, viene creata la Lima Spa, con sede a Brescia, in seno alla quale prosegue l’attività di tutti i marchi del gruppo. La nuova società è però presto travolta da una montagna di debiti e nel 2004, quando ormai sembra che non ci sia più alcuna speranza di salvezza, viene acquistata per 8 milioni di euro dalla Hornby.
Prodotti a marchio Arnold (ma realizzati in Cina) sono tuttora commercializzati dalla Hornby.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 21 aprile 2020, 21:28 
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Vedo che la storia delle ditte non scalda eccessivamente gli animi, ma da masochista quale sono, insisto e anzi vi parlo di un marchio assai poco popolare in Italia:

AMERICAN FLYER

Nel 1905, William Ogden Coleman e William Frederick Hafner si mettono in società e rilevano la Edmonds-Metzel Hardware Company, una officina meccanica di Chicago, e si mettono a produrre trenini a molla, che dal 1908 commercializzano con il marchio American Flyer.
Questi giocattoli riscuotono un crescente successo, erodendo quote di mercato alla Ives, l’azienda all’epoca leader negli Stati Uniti nel settore delle ferrovie in miniatura. I rapporti fra i due soci tuttavia si guastano, e nel 1913 Hafner lascia l’azienda per fondarne una sua propria. Per alcuni anni, peraltro, i prodotti delle due aziende restano molto simili, lasciando supporre l’esistenza di una collaborazione tra la American Flyer e la Hafner.
In seguito, però, le strade si dividono, e mentre le ferrovie in miniatura American Flyer andranno progressivamente evolvendosi come riproduzioni in scala, la Hafner continuerà a costruire giocattoli economici fino al 1950, quando cede impianti e marchio alla Wyandotte.
Il fatturato della American Flyer cresce notevolmente durante la prima guerra mondiale, allorché il blocco delle importazioni mette fuori gioco le grandi marche tedesche come Marklin, Bing e Bub che fino a quell momento avevano monopolizzato il settore del modellismo ferroviario di alta qualità. La American Flyer approfitta della circostanza per dividere in due linee i propri prodotti, una di basso ed una di alto prezzo, introducendo anche altri tipi di giocattolo, come biciclette e tricicli.
Nel 1918 vede la luce il primo trenino elettrico American Flyer, una locomotiva a scartamento 0 (32 mm, scala 1/45) ricavata innestando un motorino elettrico in un precedente modello con movimento ad orologeria. In questo stesso anno William Coleman muore e la conduzione dell’azienda passa al figlio, William Coleman Jr.
Nel 1925 la American Flyer è in grado di offrire un vasto assortimento di treni elettrici, vendendone quasi mezzo milione di pezzi all’anno e contendendo a Lionel e Ives la supremazia sul mercato americano.
Proprio a causa della feroce concorrenza, nel 1928 la Ives è costretta a dichiarare fallimento e per i due anni successivi viene gestita in joint venture da American Flyer e Lionel. Nel 1930 American Flyer cede la sua quota di Ives alla Lionel.
Durante gli anni della depressione seguita al crollo della borsa di Wall Street del 1929, la linea di giocattoli economici della American Flyer soffre la concorrenza da parte di produttori specializzati in questo settore, come la Louis Marx, per cui l’azienda di Chicago reagisce abbassando il prezzo dei suoi articoli di qualità. Una scatola con locomotiva, vagoni, binario e trasformatore viene messa in commercio nel 1932 a soli tre dollari e mezzo. Tale politica commerciale incentiva le vendite, ma anche il passivo.
I conti non tornano, e nel dicembre del 1937 Coleman Jr cede la propria azienda in profonda crisi ad Alfred Carlton Gilbert, proprietario della omonima ditta che dal 1913 produce con successo l’Erector, un sistema di costruzioni metalliche simile al Meccano inventato nel 1901 dal britannico Frank Hornby.
Gilbert trasferisce l’attività della American Flyer in un nuovo stabilimento a New Haven, nel Connecticut, vicino a quelli in cui già produce l’Erector, e introduce nel 1938 diversi nuovi modelli a scartamento 0, tra cui una Atlantic (4-4-2), una Pacific (4-6-2-) e una locomotiva da manovra 0-6-0. A questi seguono, fino al 1941, altre dettagliate riproduzioni di reali macchine a vapore quali la Pacific K5 della Pennsylvania Railroad, la Hudson della New York Central e la aerodinamica Royal Blue della Baltimore & Ohio. A questi si aggiunge una nuova linea di trenini a scartamento H0 (16 mm, scala 1/80), con rotaie provviste di massicciata in latta litografata (ad imitazione delle contemporanee Marklin). Mentre questa linea non riscuote molto successo, un roseo futuro aspetta invece l’altra novità introdotta da Gilbert, ovvero una ferrovia in miniatura in scala 1/64, dotata di due sole rotaie.
Si tratta di una rivoluzione, perché fino ad allora tutti i treni elettrici hanno corso su binari provvisti di tre conduttori, dove quello centrale (isolato con pezzetti di sughero) costituisce il polo positivo, in contatto col motorino della locomotiva tramite un pattino strisciante, mentre i due laterali sui quali poggiano le ruote assicurano il ritorno della corrente al trasformatore. In realtà non si tratta di un’idea totalmente inedita, giacché ferrovie giocattolo a due conduttori con traversine in faesite o bakelite sono già state sperimentate in Europa, tuttavia alla American Flyer spetta il merito di essere la prima del genere a raggiungere una larga diffusione.
Presentata nel catalogo del 1939 e arricchita negli anni seguenti con diversi modelli ben dettagliati, realizzati in fusione di una lega a base di zinco, la nuova ferrovia modello è a scartamento 0 (32 mm) ma la minore scala di riproduzione (1/64 invece che 1/45) consente di utilizzare binari con curve di raggio più stretto, realizzando dei cerchi di poco più di un metro di diametro che trovano facilmente posto sui tavoli domestici.
Malgrado il prezzo piuttosto elevato, il nuovo sistema incontra il favore della clientela, sennonché, l’entrata in guerra degli Stati Uniti dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour nel dicembre del 1941 porta nell’estate successiva al contingentamento delle forniture di metalli, col conseguente blocco della produzione di giocattoli costruiti con tali materiali, ivi compresi i trenini American Flyer.
Solo nel 1946 Gilbert è in grado di ripresentare i modelli anteguerra in scala 1/64, che nel frattempo sono stati ulteriormente raffinati. Negli anni Cinquanta, questa scala definita S diventa molto polare negli Stati Uniti, grazie anche all’impiego di materia plastica per le carrozze e i vagoni merce, che consente di ridurre il prezzo delle confezioni.
In questo periodo di euforia postbellica gli affari della A. C. Gilbert prosperano: la produzione dei meno realistici modelli ferroviari in scala 1/45 cessa nel 1947, ma l’assortimento American Flyer in scala S diventa imponente, comprendendo oltre al materiale rotabile una serie di ingegnosi accessori chiamati Automatic action che vivacizzano i plastici ferroviari consentendo il carico e lo scarico automatico di legname, bidoni del latte e persino di bovini, oppure la raccolta al volo, esattamente come nella realtà, dei sacchi della posta.
Al sistema in corrente continua si affianca uno in corrente alternata e compaiono le prime riproduzioni di motrici diesel. Cambia anche il sistema di aggancio dei rotabili, che diventa più efficiente e realistico. Malgrado tutto, American Flyer non arriva però a sottrarre negli Usa a Lionel il primato delle vendite nel settore del modellismo ferroviario, dove comunque i due front runner lasciano solo le briciole a concorrenti come Marx, Wyandotte e altri produttori di giocattoli di bassa qualità.
Sul finire degli anni Cinquanta le cose però cambiano: la diffusione della televisione e di nuovi tipi di intrattenimento, l’esplosione della fantascienza che accompagna il lancio dei primi satelliti e l’introduzione di nuovi giocattoli come le slot car e i kit in plastica da montare rendono progressivamente obsoleto il modellismo ferroviario nelle scale maggiori dell’H0. La sparizione dei piccoli negozi specializzati, fagocitati dalla grande distribuzione, lascia spazio solo alle confezioni a basso prezzo. Per cercare di restare sul mercato, A. C. Gilbert e le altre case produttrici riducono la qualità dei loro modelli, ma il cane si morde la coda, e la clientela tradizionale si allontana sempre di più..
Le difficoltà finanziarie aumentano, e un anno dopo la morte del fondatore Alfred Carlton Gilbert, nel 1962 gli eredi cedono il controllo dell’azienda alla holding Wrather Group.
Sotto la nuova proprietà la A.C. Gilbert Co. mette in commercio bambole, slot car e diversi altri giocattoli, ma abbassa ulteriormente la qualità dei propri prodotti, con il risultato che le rese di articoli difettosi crescono vertiginosamente. La produzione dei modelli ferroviari American Flyer cessa nel 1966 e l’anno successivo l’azienda dichiara fallimento. Attrezzature e marchi passano alla Gabriel Toys, ad eccezione del ramo American Flyer, che viene acquistato dalla Lionel, che tuttavia non gode di buona salute.
Due anni più tardi, la Lionel dichiara a sua volta bancarotta e viene assorbita dalla General Mills, che nel 1979 tenta di riesumare il marchio American Flyer, ma con scarso successo. Dopo essere passati per diverse altre mani, fra cui quelle del magnate immobiliare Richard Kughn, i marchi American Flyer e Lionel approdano negli anni Novanta alla Lionel LLC, una società che li utilizza per commercializzare copie di vecchi modelli dell’epoca d’oro, destinate ad anziani collezionisti nostalgici.
Alle accuse di privilegiare la linea a scartamento 0 a scapito della S. la nuova proprietà reagisce lanciando nel 2004 una bella Mikado 2-8-2 nella tradizionale scala di riproduzione American Flyer. L’accoglienza di questa prima nuova locomotiva dalla fine dell’era Gilbert è positiva, per cui viene seguita nel 2006 da un remake (perfezionato nello stampo e dotato di decoder digitale e sound system) di un classico della American Flyer, la famosa Northern, 4-8-4 Union Pacific e successivamente da una Pacific e da una Big Boy, da nuove carrozze passeggeri e inediti carri merce. Al pari delle riedizioni di materiale Lionel, questi rotabili possono circolare sui binari della K-Line, che la Lionel LLC ha rilevato. Il revival, pertanto, continua.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 21 aprile 2020, 21:46 
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Proseguendo in ordine alfabetico, sempre all'insegna del più puro masochismo, eccoci a:

BASSET-LOWKE

Bassett-Lowke è un marchio che molti hanno scoperto quando la Hornby lo ha designato nel 2008 ad identificare una linea dei suoi modelli ferroviari, ma in realtà è molto antico e si può dire che abbia fatto la storia del modellismo navale e ferroviario del Regno Unito.
La ditta nasce nel 1898 a Northampton, in Inghilterra, ad opera di Wenman Joseph Bassett-Lowke e sin dall’inizio non realizza direttamente gli articoli che vende per posta tramite il proprio catalogo, ma ne affida la costruzione ad artigiani specializzati o li importa dalla Germania.
Locomotive e accessori ferroviari in scartamenti che vanno da 1 (45 mm) a 3 (90 mm) e successivamente anche 0 (32 mm) e 00 (16 mm) provengono dalle più affermate case produttrici tedesche, quali Marklin e Bing, mentre i modelli navali in piccola scala (1:1800) sono forniti da Twining Models e Winteringham.
Bassett-Lowke fornisce anche locomotive per ferrovie da giardino e parchi di divertimento. Il primo di questi modelli, funzionanti a vapore esattamente come i prototipi reali che riproducono, è il Little Giant (piccolo gigante), consegnato nel 1905 alla Heaton Hall Railway, una ferrovia in miniatura a scartamento di 15 pollici (381 mm) operante a Blackpool, una delle località balneari più visitate d'Inghilterra, affacciata sul mare d’Irlanda a 48 km da Liverpool e 64 da Manchester.
Ad essa seguiranno molte altre locomotive costruite interamente a mano da valenti artigiani, fra cui la Prins Olaf e la Sans Pareil, due fantastiche Atlantic lunghe oltre 4 metri, fornite nel 1912 alla Rawenglass and Eskdale Railway, un’altra linea a scartamento 381 mm, lunga 11 km, situata sulla costa della Cumbria, nel nord-ovest dell’inghilterra.
Un cenno particolare merita la John Anthony, una Pacific fatta costruire nel 1913 da Basset-Lowke per il capitano John E. Howey (che più tardi realizzerà la Romney, Hithe & Dymchurch Railway, paradiso del vapore vivo di 21 km tuttora attivo nella contea del Kent): mai ritirata dal committente, dopo la prima guerra mondiale finirà anch’essa alla Rawenglass and Eskdale Railway, venendo ribattezzata Colossus, per essere, ahimé, smantellata nel 1927.
Per quanto riguarda i modelli nelle scale minori, Bassett-Lowke non si limita ad importare quelli prodotti da Marklin e Bing ma ne commissiona varianti decorate con le livree delle principali compagnie ferroviarie britanniche esistenti all’epoca, come quella rossa della LMS (Midland, London and Scottish) o verde della LNER (London and North-Eastern Railway). Questi raffinati e costosi giocattoli, non sempre corrispondenti a prototipi reali, vengono venduti come Bing for Bassett-Lowke o Marklin for Bassett-Lowke ed oggi, sia che dispongano di motori elettrici a 20 V o ad orologeria, sono assai ricercati dai collezionisti.
Dal 1909, W J Bassett-Lowke edita insieme ad Henry Greenly una delle prime pubblicazioni al mondo dedicata al modellismo ferroviario, il Model Railways and Locomotive Magazine e intorno alla metà degli anni Trenta introduce in Gran Bretagna i primi trenini in scala 1:76, a scartamento 16 mm, prodotti da Marklin. La Bassett-Lowke cura anche la realizzazione di plastici ferroviari: uno di essi, in scala 1, costruito nel 1929, è tuttora visibile nel Model Village di Bekonscot, nel Buckinghamshire.
Sebbene sia oggi comunemente associato alle ferrovie in miniature, il marchio Bassett-Lowke ha un posto di assoluto rilievo anche nel modellismo navale. Nei primi anni, la sua attività consiste infatti nella distribuzione di piccole riproduzioni in scala di unità della marina militare o mercantile britannica. Si tratta di “waterline ship models”, ovvero di modelli tagliati alla linea di galleggiamento, in modo da poter essere esposti su di un piano simulante la superficie del mare. Costruite inizialmente a mano, utilizzando legno e filo di ottone, queste minuscole (lunghe da 3 a 15 cm) navi ottengono un immediato successo, tanto che per soddisfare la crescente domanda Bassett-Lowke è costretto a rivolgersi ad una ditta specializzata in fusioni metalliche, la Brighten Manufacturing Company.
La BMC ha sede a Londra, a poca distanza dalle vetrine dello storico negozio Bassett-Lowke sito in High Holborn Street, e tale circostanza può aver influito nella scelta del fornitore che dal 1910 in poi allestirà oltre cento diversi natanti, tutti rigorosamente in scala 1:1800, arrivando rapidamente a comprendere tutte le classi della Royal Navy all’epoca in servizio, dalle Royal Sovereign del 1882 alle supercorazzate Revenge, appena varate.
“Corazzate, incrociatori, fregate, cacciatorpediniere, dragamine, sottomarini, lanciasiluri, trasporti truppe e imbarcazioni ausiliarie: abbiamo praticamente riprodotto tutta la flotta”, proclama con orgoglio il catalogo Bassett-Lowke del 1917. Questi modelli realizzati in piombo e accuratamente verniciati, con tanto di cannoni e alberi in ottone, nonché un set di bandierine di carta a mo’ di aggiuntivi da collocare a cura del cliente, sono i precursori di tutti i successivi esempi del genere, come i Tremo, i Viking, gli Authenticast e gli Hansa.
Sempre avvalendosi degli stampi della BMC, Bassett-Lowke metterà in vendita anche un fortino costiero, alcuni fari e un gioco da tavola consistente in una grande mappa della penisola di Gallipoli (teatro della peraltro sfortunata azione militare anglo-francese del 1915 contro l’impero ottomano, tendente a forzare lo stretto dei Dardanelli) corredata da 15 modellini fra navi da battaglia e sottomarini.
Accanto ai modelli in piombo, Bassett-Lowke continuerà fino alla seconda guerra mondiale a produrre in serie limitata riproduzioni in legno di navi da guerra in scala 1:1200, spesso usate a scopo didattico nelle accademie navali.
Bassett-Lowke ha un ruolo anche nello sviluppo di armamenti “veri”: su richiesta della Marina britannica appronta infatti in gran segreto nel 1939 un modello funzionante del carro armato scava trincee noto come Cultivator N°6, progettato per l’attacco contro fortificazioni tedesche. Il modellino, lungo circa 30 cm, viene presentato il 12 dicembre 1939 al Primo Lord dell’Ammiragliato Winston Churchill: si muove sicuro su un impasto di sabbia e plastilina, scavando un solco che lo protegge dal fuoco nemico. Churchill rimane talmente soddisfatto da ordinarne 240 esemplari, ma la blitzkrieg di Hitler renderà la talpa cingolata obsoleta ancor prima che scenda sul campo di battaglia.
Il declino della Bassett-Lowke comincia nella seconda metà degli anni Cinquanta, col diffondersi di molte marche di treni elettrici modellisticamente validi ma dal prezzo più abbordabile. Nel 1965, la ditta cessa l’attività e cede a Beatties il negozio di High Holborn.
Dopo alcuni infruttuosi tentativi di rivitalizzazione, il marchio viene acquistato nel 1996 dalla Corgi Toys, che a sua volta viene assorbita nel 2008 dalla Hornby.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 22 aprile 2020, 20:31 
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Vediamo se almeno questa riproduzione Marklin in H0 dello Schienenzeppelin, uno dei più curiosi rotabili ferroviari di tutti i tempi, riesce a provocare una qualche reazione.
Si tratta, al vero, di un’automotrice costruita in Germania negli anni Trenta, così chiamata per la sua forma aerodinamica che ricorda quella dei famosi dirigibili Zeppelin e per la propulsione assicurata da un’elica montata posteriormente.
La prima versione dello Schienenzeppelin, progettato da Franz Kruckemberg, viene realizzata nell’autunno del 1930 nelle officine Hannover Leinhausen della DRG (Deutsche Reichsbahn Gesellshaft, la Società delle Ferrovie Statali Tedesche). Lungo 25.850 mm, ha due soli assi ed una largezza di 2800 mm; la propulsione è assicurata da una grande elica a passo fisso a quattro pale (poi a due sole) azionata da un motore aeronautico BMW a 12 cilindri a V di 60° alimentato a benzina e raffreddato ad acqua, della potenza di 600 cavalli. Realizzata in legno di frassino, l’elica ha una leggera angolazione verso l’alto, in modo da fornire al veicolo la necessaria stabilità.
Per ridurre il peso, contenuto complessivamente in 20,7 tonnellate, la struttura è costruita con tecniche aeronautiche e gli interni sono molto spartani. La lunghezza del veicolo è di 25.850 mm.
Il 10 maggio 1931, lo Schienenzeppelin supera per la prima volta i 200 kn/h, dopo di che viene esibito al pubblico in varie occasioni. Il 21 giugno, il veicolo mette a segno un nuovo primato mondiale raggiungendo i 230 km/h sulla tratta Berlino-Amburgo. Tale record verrà superato solo nel 1954 dal locomotore elettrico francese CC 7121, ma è tuttora imbattuto per rotabili a trazione termica.
Nel 1932, Kruckemberg apporta significative modifiche: il propulsore è ancora di derivazione aeronautica, ma in luogo dell’elica vengono utilizzati due convertitori di coppia Fottinger (uno per ciascuna direzione di marcia) montati su un carrello a due assi che sostituisce il precedente unico asse anteriore. Il rodiggio passa quindi da 11 a B1.
Sebbene questa versione superi nel 1933 i 180 km/h, lo Schienenzeppelin non avrà seguito e viene smantellato nel 1939.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 22 aprile 2020, 20:42 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Passiamo ad un altro rotabile particolare, la Br491 Glaserner Zug, l'elettromotrice "trasparente", riprodotta in H0 dalla Roco, qui mentre attraversa il ponte della Biechtal sul plastico "Anni '90" di Museogiocando.


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