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Franchi tiratori
“Rimango dell’idea, camerati, che una ripassata a fil di manganello ed un brindisi all’olio di ricino sarebbero maggiormente auspicabili.” sussurra una voce, perentoria nella notte afosa.
“Sommo, il levantino, qui, è il più giovane del mazzo, e pieno com’è di birra estera com’è non riuscirebbe a rincorrere un ottantenne obeso… figuratelo ad acchiappare canagliette sedicenni!”
“Deh, poteva almeno darsi a del buon Chianti di produzione nazionale!”
Un rutto sommesso, forse qualcosa di più.
“Levantino un’ostrega, voi due! Co’ ‘sto caldo il Chianti fa il brasato spontaneo in bottiglia. Ma voaltri mi chiedo poi come avete fatto a scolarvi in due soli una bottiglia di rum co’ ‘sto clima?!”
Un momento di silenzio poi il rumore di un colpo.
“Pork! Vate!!!”
“Ah, così m’hai dato a bere che si trattasse di distillato nazionale!”
“Vacca porca, adesso dimmi che l’Havana Club Anejo non t’è piaciuto!”
“…mi costa ammetterlo, ma mi piacque assai. Dovremmo colonizzare l’Isola di Cuba, altro che… ristabilire l’impero!”
“Lo scrivo tra le cose da fare…”
“Due mona, fè sìto!”
Fragore di tre ubriachi che trattengono il respiro.
“Sono loro?”
“O i xe extracomunitari che i va a dormire nei locomotori, o i xe loro.”
“Giovane, passami l’ordigno bolscèvico, voglio vedere.”
Un cannocchiale infrarosso passa di mano.
“’Sto ostrega d’un mirino mi sa che non va, putanàssa!”
“Sempre a fare i conti con la tua improvvida esterofilia, a quanto vedo, bolscèvico irredento! Però il cannocchiale funziona a dovere… sì, sono in tre e… guarda guarda, han preso d’occhio la 402 storica dell’altra volta…”
“Ste bastardi di centri sociaj!!!”
Bestemmione: “Se gh’entrei cos’è j centri sociaj, slampajiot! Stche che aj è adòma di bigoj e basta!”
“Giovane, controlla l’ira e fai ciò che devi… allora, codesto mirino funziona?”
“Adesso sì… solo che le letture sono in cirillico…”
Un’elaborata bestemmia a mezza voce degna del Leopardi.
“Oh, basta! Voglio prendeli prima che tagghino anche solo il muro del cesso!”
La notte è calma e afosa. Sul pendio erboso si nota una coperta mimetica che tanto mimetica non è, forse concepita per operazioni belliche in altri climi (Siberia?) e dalla coperta spunta una canna di un fucile di grosso calibro.
“Passami il primo proiettile.”
“Mona, i s’è numerài?”
“Sì, passami il primo. Il primo a sinistra.”
“Sempre co’ a politica de mèsso!”
Bestemmione: “Te scrìet de sinistra a destra po’ a te o adès pènset de scrìf compàgn d’i arabi??”
“…xè ‘n argomento valido. Ciapa ‘l proiettile ‘number one’.”
“Deh…”
In coro: “TACI!!!”
Qualche momento di silenzio.
“Ordunque, il delinquente si è scelto la bomboletta… la sta agitando… conviene agire senza indugio.”
“Bene. Adesso silenzio sul serio.”
È un silenzio diverso, quello che si sente nella notte calda: la tensione è palpabile, l’atmosfera irreale.
Un adolescente con una bomboletta in mano si avvicina ad un locomotore.
Si sente uno schiocco, poi subito un urto soffocato, e poi la calma della notte è squarciata da un urlo inumano: “Puatamare… scaputanaporca… PUTAPUTANAAAAAAARGHH!!!”
Il giovane strepita, lancia la bomboletta, salta, si mette le mani sul sedere. I suoi due compari, esterrefatti e terrorizzati, cercano di bloccarlo, ma quello salta come un demonio. I due cercano di strattonarlo e portarlo via, poi fuggono.
Dopo qualche istante l’indemoniato si calma abbastanza per darsi ad una fuga scomposta, sempre urlacchiando imprecazioni incomprensibili.
“Bè, camerata, i miei rispetti, un colpo perfetto!”
“Grazie, ‘compagno’. In effetti, un tiro fortunato.”
“Ma va’ in mona! Un tiro perfetto!”
“Già… peccato che il mio amico veterinario non abbia un fucile ad aria compressa automatico… sennò beccavo anche gli altri due”.
Pacche sulle spalle.
“Giovane, non ho capito però cosa conteneva la siringa che hai sparato. Certo non il consueto anestetico per uso animale…”
“No, Sommo… Tabasco!”
Un attimo di silenzio, poi risate soffocate.
“Certo, avresti potuto utilizzare un prodotto nazionale, a base di peperoncino siculo o, forse meglio, calabro… ma per questa volta, transeat! Direi piuttosto di levar le tende: la missione è compiuta e le ossa mi dolgono…”
Il trio esce da sotto la coperta pseudomimetica, chi si rassetta, chi raccoglie l’attrezzatura.
Poi, sul più bello, si ode un grido minaccioso: “Voi tre! Fermi dove siete e mani in alto!”
“Boja d’un mond lèder! I tutori dell’ordine!”
“I tutori della mona! Metronotte! A noi ci fermi, a quej co’ i bombolète j fermi mai quarca òlta? Ah?
“Ho detto fermi, writers di merda!”
“Moderiamo il fraseggio, figliolo!”
“HO DETTO…”
Uno schiocco, un urto soffocato, un corpo che si accascia.
“A ‘sto toso il tabasco gli fa venir sonno?”
“…non era tabasco. ‘Stavolta era anestetico per tori. Meglio prender su e andare. Questo il turno di notte lo salta, ma i suoi soci secondo me saran qua a minuti… telare!”
Un improbabile terzetto cammina nervosamente per un isolato, fino ad un monovolume rosso scassato.
“Mettiamo gli zaini nel bagagliaio?”
“Non si apre.”
“…”
Un motore diesel si mette in moto. Un piccolo monovolume scassato se ne va nella notte afosa.
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