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Sembra che il gruppo FS abbia deciso di adottare la tecnica del bastone per educare i propri dipendenti per garantirsi un ritorno d'immagine di azienda efficiente. Il licenziamento del macchinista Dante De Angelis, rappresentante per 1a sicurezza sul lavoro, reo di aver reso dichiarazioni alla stampa sulla sicurezza dei treni ed altri gravi atti intimidatori perpetrati nei confronti di alcuni ferrovieri lo stanno a dimostrare. Nel nostro lavoro, difficile e delicato, chi sbaglia deve pagare, ovviamente in maniera commisurata al danno commesso ed alla colpa accertata.
Per la verità nulla di nuovo sui binari: è sempre stato così ed i provvedimenti disciplinari (anche estremi) sono stati regolarmente inflitti dall’Impresa FS senza il clamore mediatico di questi giorni. Su un giornale é apparsa una lunga intervista all’AD del Gruppo FS, ing. Moretti, il quale annuncia una rivoluzione all'interno delle ferrovie con qualche inevitabile “spargimento di sangue”, altrimenti che rivoluzione è? E se la rivoluzione non andrà a buon fine ci rimetteranno i lavoratori, di certo non i vertici.
Eppure è dal 1986 che la rivoluzione è in atto nelle ferrovie e le uniche ricette sperimentate per il risanamento sono state il taglio di posti di lavoro (130 mila posti persi) e dei servizi offerti ai clienti. Di ciò l'attuale AD del Gruppo FS è stato attore protagonista prima come dirigente sindacale e poi come dirigente aziendale ai massimi livelli. E se oggi si invoca una rivoluzione, si ammette il fallimento delle azioni perpetrate in questi 22 anni. Mi sorge il dubbio che sia l’ing. Moretti che ha fallito in tutti i ruoli rivestiti, assieme ai suoi predecessori perché i progetti non sono mai stati basati su sviluppo e crescita dell’azienda.
C’è da credere ad un forte tentativo di strumentalizzazione rivolto ad una platea pregiudizialmente schierata formata da giornalisti, politici, economisti e vertici aziendali. Perché tante pagine di giornali e tanti scoop televisivi sui dipendenti FS, sui ferrovieri fannulloni “ladri” di stipendio, unendo tutta la rete ferroviaria e tutti i ferrovieri nel malcostume e nell'ignavia? Eppure oggi il Gruppo FS è un’impresa in grave difficoltà che resta a galla non per le scelte di mercato, non per gli aiuti pubblici, ma per l'abnegazione e la disponibilità delle proprie maestranze a far fronte al servizio in perenne mancanza di risorse e di mezzi. Lo straordinario strutturato, in tutti i settori, è la condizione senza la quale si sopprimono treni e si chiudono servizi. La cannibalizzazione di locomotori e vetture è l’unico modo di reperire pezzi di ricambio per far circolare in sicurezza altri locomotori ed altre vetture. Vi sono lavoratori che rinviano le proprie ferie, altri che si rendono disponibili a fare più mansioni o a svolgere più compiti, altri ancora che si fermano al lavoro senza nemmeno la certezza di vedersi retribuita tale disponibilità. I risultati che si possono sbandierare oggi sono l’effetto del legame dei dipendenti all’azienda, dell’orgoglio di sentirsi parte della famiglia dei ferrovieri. Sono state mortificate le potenzialità e le professionalità presenti in FS, si sono perse le competenze accumulate in decenni di attività lavorativa: centinaia di ferrovieri abbandonano perché nauseati dal clima che si respira. E a fronte di ciò ecco i ferrovieri accomunati nella gogna mediatica.
Si vuole dare il colpo di grazia a questa Azienda FS per preparare il nuovo corso delle ferrovie italiane tanto atteso dall’opinione pubblica (giornali e TV in testa), per favorire l’arrivo dei “treni rossi”, colpendo la parte sana, quella che ancora produce e tiene in piedi la baracca, quella che ha il know-how per affrontare la sfida di un mercato difficile, complesso ed articolato come quello ferroviario. Oggi le conoscenze e le abilità operative necessarie le hanno prima i dipendenti FS e poi (forse...) gli attuali dirigenti. Non serve stendere tappeti rossi a Montezemolo, Sciarrone, Della Valle, alle ferrovie francesi o tedesche ringraziandoli per aver salvato l’Italia; bisogna tutelare il servizio ferroviario universalmente inteso e introdurre una liberalizzazione del mercato che passi attraverso regole ed obblighi da imporre a tutti, vecchi e nuovi operatori ferroviari. Altrimenti la ferrovia sarà limitata agli assi Torino - Venezia e Milano - Napoli, abbarbicata agli interessi ed ai guadagni dei treni di “fascia alta” come li definisce il nostro AD, con il contestuale abbandono delle tratte dei pendolari e di quelle a minore affluenza.
Sarebbe ora di finirla con i proclami, mai accompagnati dai fatti, sul “diritto alla mobilità di ogni cittadino”, sulla “centralità del trasporto ferroviario” e sul “riequilibrio modale soprattutto nel settore merci”. Piuttosto si dovrebbe onestamente spiegare agli italiani che si vogliono lasciare i ricavi agli “imprenditori” ed i debiti (infrastrutture, linee secondarie, treni locali) sulle spalle di Stato e Regioni. Altrettanto onestamente si dovrebbe segnalare che un’operazione simile l’hanno già tentata in Gran Bretagna e chi ci ha rimesso in termini occupazionali, economici e di servizi offerti sono stati gli utenti, i cittadini, i ferrovieri inglesi.
Omnibus, ferroviere da 35 anni
(commento scritto a quattro mani con mia moglie, pure lei ferroviera, e inserito anche in altri forum)
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